Il travaso dell’invisibile - Giulio De Leo
Curatore progetto danza Talos Festival link
La visione poetica coltivata dalla danza è sempre stata attenta alle energie sottili del corpo, al suo magnetismo, alla sua empatia. Ci siamo addirittura sempre augurati che i gesti potessero rivelare memoria, umanità e che potessero muovere emozioni, compassione, e contagiare il pubblico seduto in sala o in piazza. Il contagio è sempre stato un obiettivo dell’arte del danzare, un contagio vitale e positivo, che nulla ha a che fare con la pandemia e la morte. Proprio per questa confidenza con l’invisibile, con la pratica quotidiana dell’energie sottili e con la sperimentazione di sempre nuove tecniche di trasmissione, la danza è arte attuale, è scienza umana, insieme di tecniche, tecnologie, metodologie e discorsi capaci di contemplare, metabolizzare e integrare tutto quello che spaventa il pensiero muscolare, tangibile e macroscopico. Per la danza la dimensione dell’invisibile è sempre stata la via maestra.
Il progetto danza di Talos Festival riconosce il corpo come terreno universale di dialogo interculturale e inter-religioso, di umanesimo e di identità. Il corpo di Talos Festival sono gli artisti, le comunità, le generazioni, gli spazi pubblici, i camminamenti e le architetture. Perfino le nuvole, la pioggia, il sole e le squadrate ombre d’estate sulla bianca pietra del nostro abitato ne sono parte. Quanto di drammatico è accaduto in questo 2020, ha donato all’edizione 2020 un carattere di straordinarietà, fuori da ogni retorica. La consapevolezza che le comunità del gesto potessero rappresentare un’avanguardia di vitalità e socialità è stato un potente motore di coraggio, solidarietà ed entusiasmo. La pratica del gesto sviluppata all’interno di un contesto istituzionale normato e controllato non ha rappresentato solo un ritorno ad una pratica creativa partecipata, ma ha permesso che la frontiera della vicinanza fosse una soglia ancora possibile per la comunità tutta, anche per gli avventori causali, per i passanti e per i più scettici. La pratica del gesto in contesti come “Talos Festival” o “So far so close. Esercizi di vicinanza” ha fatto sì che il desiderio di socialità potesse tornare a manifestarsi pubblicamente.
La collaborazione fra i due festival ha spostato la soglia della vicinanza oltre l’ambito della comunità ristretta del borgo, del quartiere o del paese e ha travasato l’esperienza di Dolce Lotta in un territorio, indubbiamente vicino e pronto ad accoglierne la visione, ma anche diverso e proprio per questo sorpreso nel riconoscersi attraverso i corpi di una comunità altra. L’affinità dell’esperienze per senso generale, relazione e intensità dell’abitare ricercato, ha permesso alle comunità di riconoscersi come parti vitali di un vicinato geografico e culturale. Un sentimento fondamentale per il nostro Paese, per il nostro Meridione e per l’Europa e il Mediterraneo tutto.
Il testo presentato è un estratto del manuale ''So far, so close. Pratiche di vicinanza infra-pandemiche'', redatto in occasione del Festival So far, so close dal team di Open Design School.